Tre racconti che, pur distinti per intreccio e atmosfere, convergono su un tema centrale: l’instabilità del reale, la tensione tra ciò che crediamo solido e ciò che si sfalda sotto i nostri occhi. Trieste e il Carso, terre di confine e di silenzi antichi, diventano sfondo e protagonisti simbolici: ogni molo, vicolo, dolina o grotta si trasforma in soglia, limen tra il desiderio di governare il tempo e la consapevolezza di esserne travolti. Il blu, colore e abisso, è il richiamo ad una profondità che non si lascia mai possedere del tutto.
Maestri mette in scena l’eterno interrogativo: “Come sarebbe stato se?”. Descrive viaggi a ritroso e percorsi sospesi, esperienze fallibili che mostrano le crepe della storia, i traumi della guerra e i segreti delle vite smarrite. Inquietudini che evocano vertigini, incontri con il pericolo di perdere ogni punto di riferimento. Il filo conduttore dei racconti è lo stesso oggetto enigmatico che appare come relitto di un sapere ignoto o come strumento di passaggio. Ma non importa se si tratti di tecnologia, di allucinazione o segno: ciò che conta è la sua funzione di perturbare la stabilità del mondo, aprendo nuove fessure. È in questa sospensione che risiede la forza di queste pagine: nella capacità di condurre il lettore oltre la trama, verso quell’altrove in cui ricordo e immaginazione si confondono, e ogni certezza si dissolve in un orizzonte senza fine.
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